E’ la mattina del 21 luglio 1944 quando 350 tedeschi provenienti da Scalenghe marciano verso
Ceresole d’Alba, attivo centro partigiano.
Arrivati a Sommariva Bosco si dividono in due gruppi che
decidono di muoversi autonomamente per poi riunirsi
all’alba del giorno successivo in località Maghini,
chiudendo a tenaglia il centro di Ceresole.
All’alba presso la cascina Novarino i tedeschi fermano
il proprietario Giovanni Novarino e Florindo Pettinati.
Poco dopo, proseguendo verso Ceresole sorprendono
Ruggero Degno, fermato mentre tenta di nascondersi
presso il rio Riccardo. In regione Tagliata, inoltre, fermano
un gruppo di sei giovani che, nel tentativo di evitare il
rastrellamento, hanno trascorso la notte sotto un gelso:
Vincenzo Molina, Giuseppe Lusso, Michele Dassano,
Gianfermo Burzio, Gregorio Ferrero, Tommaso Marocco,
tutti tra i 19 e i 24 anni. Perquisiti e percossi, sono condotti
in località Maghini dove è già arrivata la prima colonna
tedesca che ha con sé altri numerosi rastrellati
(capifamiglia e giovani), ma poi fortunatamente rilasciati.
Qui converge un’altra pattuglia tedesca che trascina Giovanni Trinchero, sorpreso in casa mentre sta
per andare a messa. Un’altra pattuglia in località Alfieri ferma (e poi rilascia) Bartolomeo Gioda e uccide il
sommarivese Cristoforo Busso, intento al lavoro nei campi.
Le SS, dopo aver gozzovigliato e saccheggiato, conducono i
fermati in prossimità della strada provinciale e in pochi minuti,
con un processo burla, li condannano a morte nonostante le
suppliche delle madri e del parroco sopraggiunto sul luogo.
Dopo aver deciso di portarli a Carmagnola, percorso poco più
di un km, decidono di fare dietrofront: i ceresolesi devono morire
a Ceresole. Dei 10 condannati a morte 9 vengono
immediatamente giustiziati. Viene risparmiato Giuseppe Lusso,
solo per essere giustiziato altrove: viene impiccato a Sommariva
del Bosco. Il parroco confessa i condannati fatti allineare lungo
il muro prospiciente l’albergo Campana mentre davanti a loro
una corda viene srotolata e tagliata a lunghezza misurata.
Vengono preparati i cappi. La sentenza viene eseguita:
sei condannati sono impiccati ai balconi dell’albergo Campana,
altri tre al balcone della adiacente casa Croce. Il camion sul cui cassone sono issati in piedi i condannati
parte, i corpi penzolano, il peso strozza il cappio, cappio che nel caso del Burzio si spezza.
Ma i tedeschi lo issano nuovamente. Anche per lui non c’è
scampo. La tragedia è compiuta. Il comandante tedesco,
tenente colonnello Dierich, continua a vomitare ingiurie,
minacce, promesse di morte per il podestà e per il parroco
e il proposito di radere al suolo tutto il paese, covo di ribelli
mentre il fuoco viene appiccato all’albergo Campana dove
sono appesi alcuni impiccati. Un gruppo di venti soldati
viene inquadrato e inizia a incendiare le case degli altri
impiccati. E mentre le fiamme divampano la soldataglia ride,
scherza, mangia, beve e fornisce tutti gli automezzi di vino
e liquori. Crolla il tetto dell’ albergo Campana e mozziconi
di travi incendiate cadono sul balcone sottostante bruciando
le corde a cui sono appesi i cadaveri delle vittime che piombano a terra tra brace e rottami, gli abiti ridotti
a cenere; i corpi dei martiri rimangono nudi in posizioni tragicamente impressionanti.
La tragedia sta per finire. Il comandante impartisce al parroco gli ordini da trasmettere alla popolazione:
- i cadaveri caduti a terra per l’incendio devono essere immediatamente riappesi al loro balcone;
- i cadaveri dovranno rimanere appesi fino alla 12 del giorno successivo. Aeroplani verranno in volo di
ricognizione e se i cadaveri non risulteranno tutti appesi o asportati prima dell’ora segnata, il paese verrà
bombardato dall’aria, ed i carri armati con lanciafiamme faranno il resto;
- tutta la popolazione è tenuta a denunciare immediatamente il passaggio dei ribelli a qualunque ora del
giorno e della notte ed il parroco pagherà per primo la inadempienza dell’ordine;
- tutti i membri della famiglia che avrà dato alloggio o roba ai partigiani, verranno passati per le armi e la
casa incendiata;
- tempo due giorni: tutti gli abitanti da sedici anni in sù dovranno avere la carta di riconoscimento. Chi,
preso, risulterà sprovveduto, sarà ritenuto ribelle e passato sul posto per le armi, anche se donna o
ragazza;
- il parroco in ogni caso verrà ritenuto responsabile di ogni inosservanza.
22-07-1944 Le S.S. se ne vanno e CERESOLE resta nella sua desolazione di morte a piangere i suoi
Martiri:
Burzio Gianfermo
Dassano Michele
Degno Ruggero
Ferrero Gregorio
Marocco Tommaso
Molina Vincenzo
Novarino Giovanni
Pettinati Florindo
Trinchero Giovanni