Boves è, in provincia di Cuneo, il simbolo della prima efferata strage tedesca in Italia compiuta dopo
l'armistizio dell’ 8 settembre. Il 19 settembre 1943 la rappresaglia della divisione SS tedesca
Leibstandarte "Adolf Hitler" comandata dall'Oberführer Theodor Wisch e dal Sturmbannführer
Joachim Peiper lascia sul terreno 23 morti, di cui 18 civili e distrugge col fuoco 350 case.
Un secondo eccidio avviene durante il rastrellamento,
per debellare gli attivissimi partigiani della zona, tra
il 31 dicembre 1943 e il 3 gennaio 1944: un'altra volta
il paese viene bruciato e vengono barbaramente
trucidate 60 persone delle quali ben 42 sono civili.
Il 27 aprile del 1945, infine, i tedeschi, già in ritirata,
uccidono 9 civili prelevati dalle case, strappati dalle
braccia delle mogli e dei figli.
Alla fine della guerra è tragico il bilancio delle vittime di Boves: tra partigiani e civili (nella maggior parte)
hanno perso la vita 185 persone.
Non entriamo nello specifico di questo terribile massacro (per altro, come è giusto, ampiamente
conosciuto nei dettagli) solo perché il nostro studio vuole essere rivolto, invece, a ricordare il maggior
numero possibile di vittime innocenti, (uccise in eccidi meno eclatanti di quello di Boves, ma ugualmente
drammatici) che hanno pagato con la vita il loro vivere in provincia di Cuneo durante una guerra infame.
Boves, riconosciuta città martire della resistenza,
viene insignita con due medaglie d’oro:
al Valor Civile, consegnata nel 1961
e al Valor Militare, consegnata nel 1963.