Dal Diario del Can. Don Candido Bava:
“8 settembre 1943
Giornata tragica per la nostra patria. Armistizio. Sbandamento dell’esercito italiano. Fuga disordinata di poveri soldati
disarmati e dispersi ovunque per la campagna e sulle montagne in cerca di rifugio
o in viaggio per raggiungere le loro case.“
Dopo lo sfacelo dell’esercito italiano a seguito dell’8 settembre 1943 e le drammatiche
vicende belliche della Seconda Guerra Mondiale, il campo PW 43 viene aperto e
i prigionieri “invitati” a fuggire.
Sempre dal Diario del Can. Don Candido Bava:
“10 settembre 1943: Arrivo delle truppe tedesche
Truppe tedesche avanzano da Ceva nella Val Tanaro. Giungono a Garessio senza
incontrare resistenza. Da Garessio una colonna prosegue su Ormea dove incontra
resistenza organizzata e sottopone il paese al tiro del cannone per parecchie ore. …
Intanto il presidio militare di Garessio al sopraggiungere dei tedeschi , s’è eclissato
abbandonando a se stessi il campo di concentramento prigionieri, i quali si danno a
precipitosa fuga … rifugiandosi nei casolari dispersi sui colli circostanti al Santuario …
Degno di lode il comportamento della popolazione nei riguardi dei soldati e dei prigionieri.
… Tutta la popolazione si prodigò in ogni modo per alleviare la triste condizione dei
militari dispersi. Per alcuni mesi questi (in prevalenza prigionieri Jugoslavi) ebbero vitto,
indumenti e cordiale ospitalità ….”
I prigionieri scappano sulle montagne di Val Casotto, sempre braccati dai tedeschi, ma
nascosti e nutriti dalla popolazione locale. Qualcuno di loro riesce a rifugiarsi in Svizzera,
altri ritornano con molte difficoltà in Jugoslavia, ma molti di loro si uniscono ai gruppi
partigiani e insieme conducono una stremante lotta per la Liberazione.
Dal diario di don Emilio Ferraris veniamo a conoscenza che la prima infermeria
del “Gruppo partigiano di Val Casotto” è stata possibile grazie a questi ufficiali.
“Vengono ad aggregarsi a questo Gruppo di partigiani alcuni ufficiali serbi, già prigionieri
all’”Hotel Miramonti” di Garessio e lasciati liberi dopo l’8 settembre 1943;
sono gentiluomini e godono come i partigiani la simpatia della popolazione.
Ne riportiamo i nomi:
Elia U. Radonik, capitano di 1a classe, comandante
Petko Mari Janovic
Demitrizr Ceratlic
Mihailo Rovacevic
Cvetkovnic Deginür, capitano di 2a classe
Bozo Kenjic, tenente
Bozo Vakicevic, tenente
Branislav Milanovic, s. tenente
Movac Viceliic, tenente
Dragutin J. Lasic, capit. 1a classe, aiutante maggiore.
Tra di essi è un medico, Dottor Constantinovic Nicolaiev, che adibì la casa canonica, dove era ospitato, a prima
infermeria del Gruppo partigiano”
L’aiuto della popolazione garessina a questi ufficiali non è indolore: è doveroso ricordare almeno la morte a
Mauthausen del tipografo Luigi Odda (nato il 24 gennaio 1900 - morto in prigionia il 28 aprile 1945) arrestato
il 18 gennaio 1944 e deportato per aver rilasciato agli slavi documenti falsi di riconoscimento.
Così anche diversi ufficiali slavi pagano con la vita la decisione di rimanere a combattere per la libertà.
Tra questi Dioko Radovanovich, morto in prigionia il 10 gennaio 1944; Banasevich Liubo, caduto in data imprecisata
a Macerata durante uno scontro con i tedeschi; Nicolic Milas ucciso dal fuoco nemico in Liguria nell’ottobre 1944.
La lettura dei “diari”scritti da alcuni di questi ufficiali consente di conoscere meglio la loro situazione
dopo l’8 settembre 1943.
Dal diario di Spasoje M. Radovanovich
8 settembre 1943
“Fu un giorno storico per gli italiani ed anche per i prigionieri. Si attendeva l’uscita …. La nostra insistenza presso
il comandante Ardù era continua, perché ci aprisse il cancello per scappare, per non rimanere nuovamente nelle mani
dei tedeschi. Il comandante Ardù … ci assicurò l’aperture del cancello prima che arrivassero i tedeschi.
Finalmente il 10 settembre diede ordine di aprire i cancelli … ed ognuno di noi si avviò al suo destino.
La maggior parte prese la via del Santuario di Valsorda e poi si disperse nei boschi. …
Insieme con noi scapparono il comandante Ardù, ufficiali, sottoufficiali, sentinelle … Eravamo veri fratelli, come se
fossimo sempre vissuti insieme …
A questo punto comincia l’opera umana della popolazione di Garessio … Vi fu una vera gara tra la
popolazione a chi avrebbe dimostrato maggior generosità …. Come si può dimenticare la cordialità di tanti
generosi, offertaci in tempi difficili, nel tempo che si rischiava di “essere, o non essere”.
Come si possono dimenticare i nomi: Carrara, Alimonti, Elvira, Flora, Giulia, Vittorina, Sasso e centinaia di altri?
Dal diario di Aleksandar Tamindzic
26 settembre I ribelli di Val Casotto.
Per la seconda volta è venuto Lovrencic a farci visita…. Stavolta ci ha detto di aver preso contatti con un gruppo
di ribelli con sede a Casotto, tra Garessio e Mondovì. Il comandante di quel gruppo è un colonnello
(Paolo Ceschi “Rossi”). Costui e il suo gruppo hanno desiderio di entrare in relazione con noi …
Lovrencic mi ha domandato di parlare con la nostra gente e di dirgli se erano della stessa idea.
In caso di consenso lui ci avrebbe mandato uno studente di Garessio (Giorgio Paolini) per condurci a Casotto …. .
Ho promesso a Lovrencic di dargli la nostra risposta tra due o tre giorni.
27 settembre
… Ho esposto la mia conversazione con Lovrencic (al gruppo) e, dopo una certa discussione tra noi, tutti furono
d’accordo di rispondere positivamente alla proposta dei ribelli di Casotto ….
28 settembre Partenza per Casotto. …
alle nove siamo partiti: Milun, lo studente ed io. Senza fermarci abbiamo attraversato Valsorda e la città ….
Lovrencic ci aveva procurato delle false carte d’identità, scritte in lingua italiana e tedesca e con i timbri della
Direzione del campo e la firma del colonnello Ardù…che.. con queste faccende si esponeva al pericolo di essere
fucilato, se scoperto. … Abbiamo marciato per 15-18 Km. E, dopo aver lasciato la strada, abbiamo piegato a sinistra
e giù nella valle del Casotto … poi siamo saliti fino a cascina Biula (dove ci siamo incontrati con i ribelli).
29 settembre
… abbiamo detto che noi eravamo d’accordo per partecipare insieme con i ribelli italiani alla organizzazione della
lotta contro i tedeschi, ma non potevamo dire quanto tempo saremmo restati ancora nella regione …
Le azioni contro i tedeschi non bisognava intraprenderle prima che gli Alleati costituissero un nuovo fronte sulla
Costa Azzurra; questo per evitare le rappresaglie del nemico contro la popolazione, perché noi ricordavamo
le spaventose rappresaglie che i tedeschi avevano effettuato contro la popolazione Jugoslava nel 1941-42…
.. abbiamo chiesto di essere riforniti di armi e munizioni.
10 ottobre Il figlio del colonnello Ardù.
Abbiamo preparato un incontro a Valsorda nella casa della famiglia Rei. Sono venuti Lovrencic, il sottotenente
Mario Ardù, figlio del colonnello, il tenente Vlada Jovanovic ed io …. Il sottotenente Ardù ci comunicava che nei
prossimi giorni, di notte, sarebbe giunto da Casotto il primo invio di armi ….
12 ottobre I ribelli della Liguria.
E’ venuto un borghese di circa 40 anni con una lettera di Lovrencic. Nella lettera dice che questa persona è un
capitano di carriera che appartiene al gruppo dei ribelli del Piemonte e della Liguria. E’ venuto per un collegamento
per noi e per compiere delle azioni insieme …. Io ho risposto che noi abbiamo già stabilito un collegamento con
il gruppo di ribelli di Casotto, ma questo non ci impediva di avere un contatto anche con loro della Liguria ….
Quanto alle azioni contro i tedeschi ho detto le stesse cose che a Casotto, cioè che noi non siamo per azioni
premature che possano causare rappresaglie.
16 ottobre Il primo invio di armi.
Il sottotenente Ardù mi ha comunicato che questa sera alle 19:30 deve arrivare il primo invio di armi dal gruppo
di ribelli di Casotto …. (poi) si è messo d’accordo con il padrone del nostro seccatoio (Lucio Ghiglia), pregandolo
di aiutarci con i muli per trasportarle. … Furono caricati su due muli: 5 fucili, una mitragliatrice, 2 casse di munizioni,
parecchie scatole di caricatori e le munizioni per la mitragliatrice, due pistole con poche munizioni, una decina di
bombe a mano, due apparecchi telefonici …
nascondemmo il materiale bellico dietro la nostra cascina, sotto due mucchi di paglia e di foglie.
17 ottobre La cattura di un gruppo di prigionieri.
… In due case del paese in fondo a Valsorda due carabinieri venuti da Calizzano hanno preso due nostri prigionieri
… Si crede che … vengano consegnati ai tedeschi.
18 ottobre Svizzera ed armi
….. il numero di quelli che si preparano (a partire per la Svizzera) è sempre più grande! E’ arrivata la seconda partita
di armi da Casotto …. Hanno mandato una mitragliatrice pesante con tre casse di munizioni, quattro fucili, un altro
apparecchio telefonico, una decina di bombe e parecchie piccole cassette con i caricatori delle munizioni.
5 novembre Milun.
La partenza dei nostri compagni per la Svizzera ci aveva del tutto messo in crisi; del nostro gruppo la metà era già
partita e neanche fu risparmiato il gruppo dei Vasojevici. Oggi è venuto in visita Milun… dice che lui e gli altri suoi
compagni, dopo la razzia di Calizzano, erano andati tutti dalla parte opposta di Garessio, dove pensavano di essere
meno esposti ad eventuali inseguimenti da parte dei tedeschi e dei carabinieri. …. Diceva anche di essere venuto
per mettersi di nuovo in contatto con noi a Valsorda. …. tra poco deve avvenire lo sbarco degli Alleati presso Genova
e per questo (abbiamo deciso ) che la miglior cosa (sia) aspettare qui dove siamo adesso.
Il diario, (molto dettagliato - quasi 100 pagine) racconta anche della generosità dei garessini che si prodigano non
solo nel garantire ai prigionieri fuggitivi cibo e abiti civili, ma anche nell’instaurare un vero e proprio rapporto di
amicizia. In più occasioni si legge, nonostante il pericolo, di inviti a cena o di ospitalità nelle varie case del paese.
Tra i nomi più ricorrenti: la signora Silvia e sua figlia Marina, le signore Jenny e Maria Olivero, le famiglie Delfino e Rei,
il signor Ghiglia ecc…
Si legge ancora della disponibilità dei carabinieri di Garessio che, quando devono organizzare qualche puntata a
Valsorda, avvertono gli ex-prigionieri del loro arrivo facendo in modo, così, di evitare ogni possibile incontro.
Solo il 12-13 gennaio 1944 è annotato un rastrellamento, fatto questa volta dai tedeschi, con la cattura di quattro
ex-prigionieri che vengono trasferiti verso Albenga e quindi in Germania (Mijuscovic “Carnera”, Blazo Jovovic,
Simo Blecic, Dragoljub Drecun).
Nel diario sono ancora annotate le numerose partenze degli ex-prigionieri per la Svizzera, accompagnati quasi
sempre da garessini e degli incontri con ex dipendenti della Lepetit.