I ricordi di …
Abbiamo avuto la fortuna di incontrare alcune persone di Garessio che hanno vissuto in prima persona
molti degli eventi legati al Miramonti.
Riportiamo alcuni dei loro ricordi …
Garessio, 23/11/2014, Casa dell’Amicizia
Intervista a Marisa Campero, figlia di Giuseppe Campero, sull’eccidio al Miramonti.
Mio padre, Giuseppe, operaio analista alla Ledoga, era al lavoro quando incominciò
il rastrellamento dei tedeschi.
I partigiani avevano ucciso un soldato tedesco che andava vendicato con cinque
fucilazioni. Gli altri quattro sfortunati compagni di morte erano stati accusati dai tedeschi
di essere in qualche modo imparentati con i partigiani, di mio padre si disse che contò
l’anno di nascita (1904), lo stesso del soldato ucciso.
Non so quanto ci sia di vero in questa storia.
Vennero portati al Miramonti in attesa dell ’esecuzione. E verso le ore 14:30 del
28 luglio 1944 tutti e cinque furono allineati nel cortile con la fronte all’albergo …
... Odello, Gazzano, Battaglia,Salvatico e mio padre.
Dietro di loro il plotone di esecuzione formato da dieci uomini con tre mitraglie pesanti.
Un soldato mirò al capo del signor Odello che cadde riverso a terra; ad uno ad uno
caddero i primi quattro. Intanto, preannunciato da una serie improvvisa di tuoni secchi
e paurosi stava per scoppiare un tremendo temporale. Mio padre (forse terrorizzato dal l’assordante rumore degli spari
e del tuono) svenne, proprio nello stesso momento in cui il soldato tedesco stava mirando a lui.
Cadde, così, insieme agli altri senza, però, essere stato colpito. Poi la pioggia scoppiò dirottamente.
I tedeschi, desiderosi di ritirarsi al riparo, rinunciarono al colpo di grazia rientrando al
Miramonti. E così passò quella terribile notte. Mio padre rimase svenuto per quasi tutto
il tempo, poi, impossibilitato a muoversi dal peso dei corpi su di lui.
Solo verso le ore 8:00, approfittando del fatto che, dopo le 5:00 quando il corteo dei
deportati era partito per la stazione, l’albergo era sprofondato nel silenzio più totale,
mio padre cominciò a muoversi e, strisciando e rotolando, riuscì a scavalcare il muretto
(seppur guarnito di filo spinato) e a nascondersi nel bosco.
Poco dopo, riconosciuta la voce di alcuni garessini recatisi a recuperare i cadaveri,
mio padre si fece sentire chiedendo aiuto.
Il capoguardia Luigi Salvatico e altri di cui non ricordo il nome lo aiutarono a nascondersi
nel fienile di casa Martini (oggi casa Bo), poi chiamarono il dr. Dallimonti che,
accompagnatolo all’ospedale, gli prestò le prime cure mediche.
Alle prime luci del mattino (prima cioè della giornaliera visita medica tedesca) venne
prelevato dal sig. Giuseppe Vablais ed accompagnato nei boschi verso il Mindino e poi a
Pratorotondo.
Io allora avevo quattro anni, il medico pensò che la mia compagnia avrebbe aiutato
mio padre a riprendersi. Così lo seguii rimanendo lassù, isolata, sui monti per tutta l’estate.
Ricordo che praticamente vivevamo chiusi in una stalla!!
Intanto bisognava pensare al funerale!
Poiché i fucilati erano stati
cinque, però, per il funerale
ci volevano cinque bare.
E così fu!
Nella bara destinata al
cadavere di mio padre prese
posto il cadavere di un altro
Vorrei ancora aggiungere una mia riflessione: mio padre
è riuscito a salvarsi grazie all’aiuto di tanti amici, ma in un paese piccolo come Garessio tutti sanno tutto.
Penso, anzi sono quasi convinta, che anche i tedeschi locali sapessero … ma non intervennero!
Giuseppe Campero, nacque a Garessio il 24/08/ 1904 dove morì nel 1979.
Intervista a “Pachito” (Canavese Piero) sul rastrellamento.
Come si salvò mio padre…
La mia è una famiglia di musicisti, ho ereditato questa passione proprio da mio padre, ed è proprio l’amore per la
musica che gli ha salvato la vita!
Come dicevo, fin da giovane mio padre Marco suonava
diversi strumenti nella Banda Musicale di Garessio,
per questo era molto conosciuto e apprezzato già fin dai
tempi del glorioso Hotel, quando veniva ingaggiato per
allietare le serate agli ospiti illustri.
Quando i tedeschi occuparono il Miramonti obbligarono
i musicisti garessini a suonare per loro e, così, mio padre
con altri artisti era spesso costretto a passare le serate
in loro compagnia, finendo anche con lo stringere con
alcuni, se non un rapporto di amicizia, almeno di rispetto
reciproco.
E fu grazie a questo che durante il rastrellamento
del 28 luglio 1944 mio padre, che si trovava al Miramonti,
venne mandato via da un ufficiale che gli consigliò di
non farsi vedere in giro.
In questo modo riuscì a evitare quella terribile esperienza.
martire, Oreste Petacchi, ucciso il 28 luglio mentre
cercava di sfuggire al rastrellamento.
In questo modo passarono ignorati il salvataggio e la
fuga di mio padre.
Solo a guerra finita mio padre potè ritornare e riprendere
una vita quasi normale … quasi perché,in realtà, quel
tragico evento lo segnò per sempre, non solo
fisicamente (problemi polmonari dopo quella notte), ma
soprattutto psicologicamente.