Responsabilità di Badoglio e degli Alleati
Il 13 settembre Badoglio ordina (n. 1029 CS) al gen. Gandin di “resistere con le armi all’
intimazione tedesca di disarmo a Cefalonia”. Dà l’ordine di “resistere” pur sapendo che non
può mandare aiuti e che, giuridicamente, i nostri soldati, sono passibili di fucilazione. Infatti,
durante l’ eccidio, qualcuno tenta di appellarsi alla Convenzione Internazionale, ma i
tedeschi, dato che l’Italia non ha dichiarato guerra alla Germania, rispondono che gli italiani
non sono prigionieri, ma “ribelli , ammutinati, franchi tiratori”.
A conferma della tragica situazione che il gen. Gandin e i suoi soldati hanno dovuto
affrontare fa testo un documento, datato 29 settembre, che presenta il colloquio avvenuto,
durante l’incontro di Malta, tra Badoglio e Eisenhower:
Eisenhower: ”Desidero sapere se il governo italiano è a conoscenza delle condizioni fatte dai
tedeschi ai prigionieri italiani nell’intervallo di tempo in cui l’Italia combatte la Germania senza
averle dichiarato guerra”.
Ambrosio: “Sono sicuro che i tedeschi li considerano partigiani”.
Eisenhower: “Quindi passibili di fucilazione?”.
Badoglio: “Senza dubbio”.
Eisenhower: “Dal punto di vista alleato la situazione può anche restare come è attualmente,
ma per difendere questi uomini, nel senso di farli divenire combattenti regolari, sarebbe assai
più conveniente per l’Italia dichiarare la guerra”.
Da questo breve e cinico colloquio, si evince che l’ordine di resistere equivale ad una
condanna a morte.
Il 13 settembre 1943, in seguito al referendum, il Capitano Pampaloni e il tenente Apollonio
fanno aprire il fuoco dalle loro batterie del 33° reggimento artiglieria di stanza ad Argostoli
ed affondano due motozattere tedesche provocando la morte di cinque (alcune fonti
sostengono sei) soldati tedeschi. In quel momento sono ancora in corso le trattative fra il
gen. Gandin ed il ten.col. Barge. Questo atto deteriora ulteriormente i rapporti fra Italiani e
Tedeschi.
Il 15 settembre 1943 Badoglio ed il CS alle disperate richieste d’aiuto di Gandin, rispondono:
"Impossibilità invio aiuti richiesti. Infliggete al nemico più gravi perdite possibili. Ogni vostro
sacrificio verrà ricompensato." Firmato gen. Ambrosio.
Qualche giorno dopo, tuttavia, l’ammiraglio Giovanni Galati (1897-...), impressionato dagli
appelli drammatici inviati dal gen. Gandin, propone al ministro Raffaele De Courten (1888-
1978) di agire all’insaputa degli inglesi e, ottenuta l’autorizzazione, parte da Brindisi verso
Cefalonia con due torpediniere cariche di viveri, munizioni e medicinali.
Ma, mentre è in viaggio, un radiogramma voluto dall’Alto Commissario Alleato, il gen.
Inglese Noel Mason-Mac Farlane (1889-1953) ed accettato dal ministro De Courten, gli
ingiunge di tornare a Brindisi immediatamente.
« A Brindisi qualcuno freme davvero per la sorte della Acqui. È il contrammiraglio Giovanni
Galati, sulla cui scrivania giungono i messaggi e le pressanti richieste d’aiuto di Gandin. .....
A Malta e a Brindisi sono ormeggiate le navi per andare in soccorso della Acqui: perché
non sfruttarle? Quella mattina Galati lo dice a De Courten e il ministro ..... gli dà il via
libera con un doppio cenno della mano. Galati si precipita fuori dall’ufficio di De Courten
..... Sono molti i compiti da assolvere prima di salpare, tuttavia il contrammiraglio non si
fida a usare il telefono: le clausole dell’armistizio impediscono all’Italia di poter gestire
soldati, navi, aerei senza il consenso degli Alleati. ..... Gli ufficiali della graziosa maestà
britannica hanno già detto che Cefalonia non interessa, che la resistenza della Acqui
non è affar loro. Galati gira per caserme, depositi, arsenali. Di roba ce n’è a iosa, basta
caricarla e trasportarla. Vengono scovate due torpediniere, la Sirio e la Clio, che facendo
la spola con Taranto hanno diritto alla nafta per navigare ..... vengono riempite perfino in
coperta di medicinali, pezzi d’artiglieria (soprattutto le bombe mortaio che Gandin ha
telegrafato essere quasi esaurite), nastri di mitragliatrici, proiettili anti-Stukas. Alle 14
dalla banchina nei pressi dell’albergo Internazionale, dov’è alloggiata la missione alleata,
le due torpediniere levano l’ancora. Le comanda lo stesso Galati. ..... La Sirio e la Clio a
metà del viaggio sono raggiunte da un radiomessaggio della regia marina: gli Alleati
hanno scoperto il colpo di mano e ordinano l’immediato rientro alla base. La decisione è
dell’ammiraglio Peters, di stanza a Taranto. L’alto ufficiale inglese ha spiegato che le
torpediniere sono partite senza aver chiesto il preventivo consenso e tale atteggiamento
può legittimare il sospetto che intendano svignarsela verso un porto neutrale o, peggio,
disertare. Galati stavolta non può che obbedire. La Sirio e la Clio virano e fanno un
mesto ritorno a Brindisi. Nessuno muoverà più un dito per la Acqui[6]»(Alfio Caruso:
“Italiani dovete morire”, pag.145-151)
Anche gli alleati, dunque, hanno qualche colpa per l’eccidio di Cefalonia.