L’eccidio di Cefalonia può essere spiegato solo se letto come un atto di rappresaglia tedesca nei confronti delle forze armate presenti sull’isola dopo l’armistizio dell’8 settembre. E’ questa l’unica conclusione possibile a cui si arriva tenendo conto dei fatti accaduti nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre. Il 9 settembre 1943  i reparti italiani stanziati a Cefalonia, pur avendo ascoltato il comunicato radio di Badoglio, non hanno ricevuto ordini precisi. Al contrario la situazione risulta ben chiara per gli ex alleati tedeschi presenti sull’isola. Gli ordini di Hitler che giungono sono precisi: i tedeschi chiedono ai reparti italiani il disarmo. L’ 11 settembre 1943  arriva al gen. Gandin l’ ordine di “resistere”. Rendendosi conto della difficoltà della situazione che si è venuta a creare, egli decide di intavolare delle trattative con il gen. tedesco Barge. Il 12 settembre 1943  truppe tedesche conquistano con l’uso delle armi alcune batterie italiane. Il gen. Gandin ordina di non reagire, come atto di buona volontà. Il 13 settembre 1943  i soldati del 33^ artiglieria, che-assieme ad altri commilitoni- tramite un referendum si sono pronunciati contro l’ordine tedesco di cedere le armi, sparano ed affondano due motozattere tedesche provocando la morte di cinque (alcune fonti sostengono sei) soldati nemici. Il 15 settembre 1943  come conseguenza dell’azione del 13, gli stukas attaccano il Comando Divisione Italiano di Argostoli. Il 18 settembre 1943  Hitler manda un “Sonderbefehl”, ordine speciale, solo per la Divisione Acqui, che impone di  “non fare nessun prigioniero”. Il 24 settembre 1943 , dopo la fucilazione del gen. Gandin,  il CS germanico dichiara: “la divisione italiana ribelle sull’isola di Cefalonia è stata distrutta”
Responsabilità tedesca del massacro