Lo studioso fiorentino Paolo Paoletti argomenta dettagliatamente nel libro «I traditi di
Cefalonia - La vicenda della Divisione Acqui 1943-1944» (Fratelli Frilli, 2003) il suo
giudizio negativo su Gandin. Da un paziente lavoro di ricerca negli archivi di Friburgo,
infatti, è emersa una lettera che, se da un lato esalta il gesto dei soldati della Acqui,
dall’altra inchioda il loro comandante.
Gandin il 14 settembre 1943 scrive ai tedeschi che
«die DivisionweigertsichmeinenBefehlauszuführen»,
cioè che la Acqui si è ammutinata. Il messaggio inizia
così: "La divisione si rifiuta di ubbidire al mio ordine
di resa...". La questione, inaudita, è che il generale
non comunica quel che avviene nel suo reparto di
stanza sull’isola greca al Comando supremo italiano,
bensì al tenente colonnello Hans Barge, il nuovo
nemico dopo l’armistizio dell’8 settembre.
Gandin, ex capufficio dello Stato maggiore di Badoglio,
è di sentimenti germanofili, già decorato di croce di
ferro di prima classe, parla il tedesco. L’armistizio l’ha spiazzato: l’animo lo porta a rimanere
al fianco dei tedeschi (con cui ha mantenuto rapporti cordiali e frequenti), gli ordini a
combatterli, le circostanze a tentare di trovare una via d’uscita che tuteli i suoi uomini
(«i figli di mamma», li chiama) e il suo senso dell’onore.
Compromesso che si rivela impossibile in quello scenario e in quel frangente storico.
Egli sostiene, infatti, che il gen. Gandin è stato l’unico
generale italiano, dopo l'8 settembre, ad essersi comportato
in questo modo perchè
1°: non obbedisce all'ordine del 9 settembre 1943 del
suo superiore gen. Vecchierelli di arrendersi ai
tedeschi;
2°: non obbedisce agli ordini del Comando Supremo di
"considerare le truppe tedesche nemiche" e di
"resistere con le armi all'intimazione di disarmo a
Cefalonia, Corfù e nelle altre isole", pervenuti a
Cefalonia tra l'11 e il 12 settembre, ma intavola con i
tedeschi trattative allo scopo di passare con una parte
della Divisione nel campo nemico, e questo
spiegherebbe anche la conta fatta attraverso il cosiddetto "referendum";
3°: il 14 settembre comunica alla truppa che sono "in corso trattative per
ottenere che alla divisione siano lasciate le armi e le relative munizioni... in
attesa di imbarcarsi per l'Italia" (ma quale Italia? Certamente quella
occupata dai tedeschi!) e alle ore 12,00 dello stesso giorno invia al ten.
col. Barge una lettera in cui dichiara in sostanza che la divisione Acqui si é
ammutinata: "La divisione si rifiuta di eseguire il mio ordine di concentrarsi
nella zona di Sami poiché essa teme, nonostante tutte le promesse
tedesche, di essere disarmata o di essere lasciata sull'isola come preda
per i Greci o ancora peggio di essere portata non in Italia ma sul
continente greco per combattere contro i ribelli. Perciò gli accordi di ieri
con lei non sono stati accettati dalla Divisione.
La divisione vuole rimanere nelle sue posizioni fino a quando non ottiene
assicurazione, con garanzie che escludano ogni ambiguità - come la
promessa di ieri mattina che subito dopo non è stata mantenuta - che
essa possa mantenere le sue armi e le sue munizioni e che solo al
momento dell'imbarco possa consegnare le artiglierie ai tedeschi. La
divisione assicurerebbe, sul suo onore e con garanzie, che non
impiegherebbe le sue armi contro i tedeschi. Se ciò non accadrà, la
divisione preferirà combattere piuttosto di subire l'onta della cessione delle
armi ed io, sia pure con dolore, rinuncerò definitivamente a trattare con la
parte tedesca, finché rimango al vertice della mia divisione. Prego darmi
risposta entro le ore 16. Nel frattempo le truppe provenienti da Lixuri non
debbono essere portate ulteriormente avanti e quelle di Argostoli non
debbono avanzare, altrimenti ne possono derivare gravi incidenti. Il
Generale comandante della Divisione Acqui gen. Gandin".
Non ci sono precedenti in tutta la storia militare mondiale di un Generale
Comandante che comunica (peraltro mentendo!) al nemico che la propria
Divisione si è ammutinata!
La rappresaglia indiscriminata contro ufficiali, graduati e soldati, operata dai
tedeschi solo nei confronti della Divisione Acqui, potrebbe, quindi, essere stata
scatenata dalla sconcertante dichiarazione al nemico del gen. Gandin di
ammutinamento della propria divisione.
Il Generale Gandin perseguibile militarmente
La tesi di Paoletti è che per quella lettera di Gandin che,
praticamente, accusa di ammutinamento i suoi soldati,
si scateni la rabbiosa reazione di Hitler il quale impone
il massacro con l'ordine di "... attaccarli e di non fare prigionieri".
I soldati italiani vengono considerati «franchi tiratori»
(i tedeschi li chiamarono proprio così) e passati per le
armi con una ferocia d’altri tempi. Ci sono stati eroi, a
Cefalonia, in numero superiore a quanti sono stati decorati,
ma tra questi ce n’è forse uno di troppo, secondo la tesi
del Paoletti.
Anche le ricerche condotte dal dott. Silvio Lenza, nipote
di un Ufficiale italiano “denunciato al nemico come ammutinato
dal proprio generale Comandante” e fucilato a Cefalonia
dalla Wehmacht, suggeriscono l’ipotesi della colpevolezza
del gen. Gandin.