Eccidio di 10,000 soldati
Iniziamo dal "Comunicato ufficiale
sui fatti di Cefalonia" diramato il 13
settembre 1945 dall'Ufficio Stampa
della Presidenza del Consiglio dei
Ministri del Governo presieduto da
Ferruccio Parri. Questo é il testo:
«Appena oggi, in base alle
documentate relazioni dei pochi
superstiti e della diligente inchiesta
condotta dall'Ufficio informazioni
del Ministero della Guerra, si è in
grado di fornire le prime notizie
ufficiali circa l'eroica resistenza
opposta nell'isola di Cefalonia ai
tedeschi dalla Divisione Fanteria
"Acqui" nel settembre 1943. Un
laconico comunicato straordinario tedesco emesso in data 24 settembre 1943 dice: "La
Divisione "Acqui", che presidiava l'isola di Cefalonia, dopo il tradimento di Badoglio,
aveva rifiutato di deporre le armi e aveva aperto le ostilità. Dopo azione di preparazione
svolta dall'arma aerea, le truppe tedesche sono passate al contrattacco e hanno
conquistato la città portuale di Argostoli. Oltre 4000 uomini hanno deposto le armi. Il
resto della Divisione ribelle, compreso lo Stato Maggiore di essa, è stato annientato in
combattimento."
In quel periodo la "Acqui", forte di 11.000 uomini di truppa e 525 ufficiali, unitamente ad
effettivi della Regia Marina, presidia l'isola di Cefalonia (Grecia). L'annuncio
dell'armistizio risveglia nei soldati i loro veri sentimenti che si manifestano nella
decisione di dar guerra al tedesco. Il 13 settembre 1943, mentre il Generale Antonio
Gandin, Comandante la Divisione, continua ancora le trattative con il presidio tedesco
dell'isola, forte di 3'000 uomini, tre batterie, la 1^, la 3 ^, la 5 ^ del 33° artiglieria, aprono il
fuoco contro i tedeschi al grido di "Viva l'Italia". Ad esse si affiancano due batterie della
marina ed alcuni reparti minori della fanteria. Il 14 settembre giunge anche dal Comando
Supremo italiano l'ordine di opporsi colle armi ai tedeschi. La battaglia, iniziata
ufficialmente il 15, si protrae con alterne vicende fino al 22 settembre. Fanti, artiglieri,
marinai, carabinieri si prodigano a gara in atti di valore; interi reparti si fanno annientare
sul posto pur di mantenere le posizioni assegnate. Alcuni Ufficiali si tolgono la vita
piuttosto di cadere in mano al nemico. Due intimazioni di resa non vengono neppure
prese in considerazione, nonostante la seconda, firmata dal generale Lanz, concluda
"Chi verrà fatto prigioniero non potrà più ritornare in Patria". Dal mattino del 21
settembre alle prime ore del pomeriggio del 22, tutti i reparti o militari isolati che cadono
in mano al nemico, vengono immediatamente passati per le armi mediante esecuzioni
sommarie. Muoiono in tal modo 4750 uomini di truppa, 155 ufficiali. Alle ore 16 del 22
settembre, viene firmata ufficialmente la resa.
Il mattino del 24 settembre, dalle ore nove alle tredici e trenta, sono fucilati presso capo
S. Teodoro gli ultimi 260 Ufficiali. Tutti affrontano la morte con superba dignità e
fermezza. Nel trasporto dei soldati prigionieri dall'isola al continente greco, tre navi
urtano su mine, colano a picco, i tedeschi mitragliano i naufraghi. Periscono in tal modo
altri 3000 uomini di truppa. Totale delle perdite inflitte dal nemico: uomini di truppa 1500,
aerei 19, mezzi di sbarco 17. Totale delle perdite subite: uomini 9000, ufficiali 406. Il
Comando tedesco proibisce di dar sepoltura ai caduti, perché " i ribelli e traditori non
hanno diritto a sepoltura".
Al 14 settembre ’43 i registri della divisione contano 11.700 effettivi, alla fine del ’45 i
sopravvissuti della Acqui sono poco più di 2.000